Eurovision Song Contest: the story of Fire Saga

Eurovision Song Contest – La storia dei Fire Saga

Ci dobbiamo prima di tutto togliere un sassolino dalle scarpe. Noi odiamo la parola “inutile” associata a un disco, un film, un libro. Non abbiamo mai pensato che l’arte in genere debba avere un’utilità. Non è un elettrodomestico, dopotutto. E’ solo un’opera di intrattenimento. A volte può portare spunti di riflessione, a volte è lo specchio di un ricco mondo interiore ma nasce per intrattenere le persone. Quindi la vera domanda è: Eurovision Song Contest – La storia dei fire saga intrattiene? Alla fine dell’articolo risponderemo a questa domanda. Andiamo con ordine.
Da questo momento avvertiamo che ci saranno pesanti spoiler sul film.
Lo ammettiamo senza nessun problema: sin dal primo annuncio ci aspettavamo un film demente, uno di quelli sulla falsariga di Scemo e più scemo, o peggio. In realtà, seppur non sia un’opera da prendere sul serio, riesce a trasmettere la passione autentica per la musica, attraverso un complicato intreccio di rapporti umani.
Tutto inizia da quando un piccolo Lars annuncia di voler vincere l’Eurocontest quando sarà cresciuto.
E già in questo momento si vede una disparità di trattamento: Lars, uno dei due protagonisti, interpretato da Ferrel
viene costantemente ridicolizzato dal padre, accusandolo di non occuparsi di questioni serie come trovarsi un lavoro, farsi una famiglia. Tutto il novero di stereotipi su come deve essere un uomo.
Lars però non cede, non vuole mollare il proprio sogno ed è spalleggiato da Sigrit, interpretato da una deliziosa Rachel Mc Adams che, al contrario di Lars, non viene mai messa in ridicolo per il suo voler appoggiare l’uomo che ama.  Viene sostenuta dalla madre, anche se lei pensa che dovrebbe cantare da sola per riscoprire la sua vera voce, qualcosa che le arriva profondamente dal cuore e teme che, stando accanto a Lars, questo non sarà mai possibile.
Dopo una serie di vicissitudini i Fire Saga arrivano a rappresentare l’Islanda all’Eurocontest. E si imbattono negli altri contendenti alla vittoria. Tra tutti spiccano il concorrente bielorusso Alexander Lemtov, interpretato da uno splendido Dan Stevens – che spesso ruberà letteralmente la scena ai protagonisti – che, per usare le parole dello stesso Ferrel in un’intervista: “sembra una versione bielorussa di George Michael” e, a nostro avviso, questa cosa non è casuale, anzi – e Mita Xenakis, concorrente per la Grecia, interpretata da  Melissanthi Mahut, grande amica di Alexander.

Abbiamo adorato praticamente tutto: dal momento in cui Sigrit porta offerte agli elfi per essere aiutata sia per quanto riguarda il gruppo, sia per questioni più personali. Il suo candore, la sua dolcezza non solo conquistano lo spettatore – devi avere un cuore di pietra per non farti sciogliere da questa donna così dolce – ma anche Alexander stesso, bisex che non può ammettere palesemente di esserlo perché… perché è russo.
Il momento in cui lui dice: “Non sono gay, sono russo” e ancora quando Mita afferma che anche lui merita di essere felice risponde: “Madre Russia non sarebbe d’accordo.” ci ha spezzato il cuore. Sono piccoli particolari, messi all’interno di un film apparentemente sciocco ma che portano a riflettere. Sappiamo benissimo che la realtà del mondo arcobaleno in Russia non è esattamente delle migliori, purtroppo.
Altro piccolo particolare che ci ha portato a fare una profonda riflessione è quando Sigrit si trova ad affrontare da sola la votazione che vale per l’entrata in finale. Le esibizioni dei Fire Saga hanno sempre qualche problema e, in diretta, la povera ha rischiato di essere strozzata a causa della sciarpa che indossava. Quando affronta da sola la votazione, perché Lars non sopporta l’idea di essere ridicolizzato di nuovo – non rendendosi conto di star per perdere Sigrit per il suo essere infantile – è ferita sia nell’animo, sia fisicamente. Qualcuno sta per ritrarla in quello stato con lo smartphone e un altro dei concorrenti lo ferma. In tempi in cui si venderebbe l’anima al diavolo pur di mostrare un momento di debolezza, o insultare o riversare rabbia sui social network, questo piccolo gesto in un film è come la luce di una candela in una stanza completamente buia. E’ un segno su cui si deve fare delle riflessioni.

Lasciateci dire che Dan Stevens è sempre più un portento e ha forse il miglior personaggio, complice la sua grande performance attoriale.
Alexander non è un cattivo, per nulla, ama la musica e persino innocente e ingenuo nel fare feste.
È bisex e si innamora della bella, timida e passionale Sigrit e vorrei vedere quale uomo non lo farebbe. Rachel McAdams è l’amore.
Le riesce bene qualunque personaggio. Riesce a non essere mai ridicola, anche conciata per le feste.
Il suo amore per gli elfi e il suo coraggio di essere se stessa, ribellandosi all’egocentrismo di Lars, scaldano il cuore.
Lars ha anche lui una buona evoluzione e solo sistemando il complicato rapporto con il padre, capirà i propri errori.
Il problema di Lars, a nostro parere, perdonateci, è proprio il suo interprete.
Personalmente avremmo gradito che, data la sua bravura come sceneggiatore (Il film lo ha scritto lui e lo ha scritto bene), avesse fatto un passo indietro, scegliendo un interprete che non rendesse Lars così imbalsamato.
E non è una questione di non avvenenza, è proprio di bravura.
La McAdams, Stevens, Brosnan e persino Demi Lovato gli mangiano in testa.
Il film è una chicca da vedere e rivedere, anche per bellissime musiche.


Quindi per rispondere alla domanda che abbiamo fatto a inizio articolo: il film svolge il suo compito principe ossia quello di intrattenere lo spettatore? Oh si, eccome. Alla fine del film non si può far altro che sorridere e pensare che, tutto sommato, in un periodo come questo, ci voleva un’opera così leggera.

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